venerdì 11 maggio 2018

Ada

Incomincio oggi la pubblicazione di sparsi brani presi, non a caso, dal romanzo che sto scrivendo.

Pensò a Corinnah. Voleva averla di nuovo, anche se era la donna di suo fratello. Chissà che lui non avrebbe fatto lo stesso: con le donne Roddy non era uno stinco di santo. Anzi.
Ricordava bene Ada, quella giovane italiana che aveva conosciuto in consolato. Una bellezza profondamente italiana, con lunghi capelli scuri, incurante della sensualità che emanava da ogni gesto e da ogni parola. Incurante ma totalmente consapevole. Nelle sue mani gesti e parole erano armi.
Vedendolo passare a fianco a lei aveva lanciato a Sean uno sguardo molto espressivo, perché si era accorta che la coda per ottenere il visto era insopportabilmente lunga. E lui aveva capito tutto al volo. “Please, Miss, come into my office!”. Le aveva offerto il braccio e l'aveva fatta sedere davanti alla sua scrivania. Il timbro glielo era andato a mettere lui, passando dietro il bancone ma non così accortamente da non suscitare, nelle persone in coda, grida, risate e qualche insolenza per quella bella italiana, “Bitch, puttana”. Tanto lei non poteva sentire e anche se avesse sentito non avrebbe fatto una piega. Sean entrò in ufficio con la carta timbrata in mano e sbatté la porta. Nessuno si sarebbe permesso di entrare. Si sedette sulla sedia a fianco della donna, che aveva già compreso, e deciso, come ringraziarlo.
Non era alta, Ada, ma aveva un corpo aggraziato e rotondetto, con le curve regolari e al punto giusto. Nella sua Sorrento le avrebbero detto “Si proprio 'nu babbà.”. La si guardava con il desiderio di morderla, ma senza farle male.
Lei si alzò, si voltò verso di lui e, alzando leggermente la gamba destra, si sedette sulle sue gambe. La corta gonna le si sollevò ancora di più e Sean, appoggiando le mani dove prima c'era la gonna, la spinse contro di sé. Quella donna sconosciuta baciava con forza e delicatezza: lui la lasciò fare in silenzio, gustando l'energia di quella lingua. La spingeva ritmicamente verso di sé e lei, appoggiandosi sui tacchi, lo assecondava. Sean riuscì a sentire il calore bagnato in mezzo alle gambe di lei: stava oltrepassando quel punto oltre il quale non avrebbe capito più niente e agito senza pensare, come un animale assetato. Le slacciò i bottoni della camicetta con i denti e affondò il volto fra i suoi seni. Ada, slacciandosi il reggiseno, gli mormorò, in italiano, “Ti piacciono?”. Lui non capì ma continuava ad accarezzarglieli.
Non aveva paura dei rapporti occasionali, Sean. Tante volte aveva rischiato la vita che la possibilità di un'infezione di quella nuova malattia di cui si parlava non gli passava neanche per l'anticamera del cervello. Non rifletté neanche sul fatto che tanta disponibilità potesse essere concessa non solo a lui. Finirono per terra, con le bocche incollate per non far sentire l'ànsito dei loro corpi annodati. Una mezzora da leoni. Sean le offrì un bicchiere di quel Mezcal Añejo che talvolta il console gli regalava. Quello con la larva dentro. Finalmente le disse “Come ti chiami?”. “Ada Prisco”. “Io sono Sean”.
Si videro spesso nelle settimane successive, e i loro rapporti sessuali furono indimenticabili perché sempre furiosi. Ada aveva in mezzo alle gambe il fuoco del Vesuvio, nascosto, prontissimo ad esplodere.
L'unico errore che Sean fece con lei fu quello di presentarla a Roddy. Lo incontrarono per caso un pomeriggio, dopo una delle loro migliori notti, seguita da una padellata di gamberi carabineros infiammati con il bourbon. Uscirono alle quattro diretti a Central Park, per godersi un po' di sole. Roddy riconobbe il suo fratellastro da lontano, stupito che fosse riuscito a portarsi in giro una donna così bella. Quel giorno era appena andato al salone di Nunzio Saviano e i suoi capelli, corvini, erano perfetti. E infatti lui era andato a farsi un giro con il desiderio di essere ammirato: sapeva di essere vanitoso.
Bastò l'occhiata che Ada ricambiò a Roddy per far capire a Sean che quella notte era stata l'ultima volta: non poteva, non voleva competere con Roddy: aveva verso di lui un sentimento di inferiorità.
Non la vide più per molti mesi: non l'aveva mai pensata come “la sua donna”, e tanto meno come “il suo amore”, ma vedersela scomparire così lo lasciò con la sensazione di qualcosa di tristemente incompiuto.
Più di un anno dopo, saranno state le tre e mezzo di notte, la rivide passando per Jackson Heights,
al ritorno da una missione per conto del governo svizzero. Truccata pesantemente, con una gonna ancora più corta di quella che aveva quel giorno in consolato, e uno sguardo avvilito. Quando lei lo riconobbe si voltò per non doverlo salutare. Del resto lui andava di fretta. Un gran bastardo, Roddy: l'aveva buttata in mezzo a una strada.
Ada sarebbe rimasta dentro di lui, assieme al dolore di non aver potuto, o voluto, salvarla.

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