lunedì 26 marzo 2018

Adoro i centri commerciali.
Entrambi condividiamo il piacere di vagare per negozi, allineati secondo un criterio sconosciuto, e passeggiamo sereni, consapevoli che solo l'uno per mille di quello che vediamo finirà nei nostri cassetti. Siamo venuti a P. per ovvi motivi, e questo tenero pomeriggio di maggio avvolge la sua felicità. Ci stringiamo la mano con forza, come sempre, anche se l'artrosi non lo permette più come un tempo.
Tranquilli, un poco sfaccendati.
Lei guarda con interesse certa lingerie, per niente dozzinale, che a me suscita fantasie serali.
Giriamo dietro un pilastro e improvvisamente lo vedo. Sarà distante cinquanta passi. Sento la pressione salire nelle orecchie. Non riesco a dire una parola. Il flusso dei pensieri si è sciolto nel vuoto.
Cosa ci fa qui, a cinquecento kilometri da casa? Forse non mi ha visto. Non è semplice voltarsi con disinvoltura, mano nella mano, senza dare un violento strattone.
Lei, ancor prima dello strattone, percepisce la tensione senza capirne il motivo.
Trattenendo il desiderio di correre torniamo sui nostri passi.
Mi è sembrato solo, ma come sempre nulla è come appare. Avrà anche lui fatto cinquecento kilometri per lo stesso mio motivo?
Chissà cosa avrà pensato.
La serata mi sembra rovinata.