mercoledì 17 gennaio 2018

Bianca e Oscar

Bianca ed Oscar si erano conosciuti quasi cinquanta anni prima.
Lei non lo ricordava ma il primo incontro era stato sulla Terrazza Martini, a fianco delle guglie del Duomo: si presentava il libro di un safari fotografico in Botswana fatto da un avvocato alle prime armi, loro comune amico.
Durante il cocktail lui, anche se sposato da alcuni anni, aveva notato quella donna che rubava la scena all'avvocato, circondata da una piccola folla vociante, cui restituiva incantevoli sorrisi. L'occhiata che lui le lanciò, non furtiva, tornò indietro più di una volta. Verso la fine della serata, seduti sugli sgabelli del bar, cominciarono a parlarsi e scoprirono le prime delle tante cose che avevano in comune. Oscar ricordava bene di avere in mano un Irish Coffee. Era un inverno milanese freddissimo e gli era sembrato naturale offrirsi di accompagnarla a casa, cosa che lei aveva sperato dal primo momento. “A presto” le disse, lasciandola di fronte al portone. Lei gli sorrise in silenzio e rientrò in casa dove il padre la aspettava.
Oscar faticò non poco a trovare il suo numero di telefono, sapeva solo che si chiamava Bianca e dove abitava. Dopo due giorni la invitò a cena.

Furono anni intensi, segnati dall'incapacità di lui di lasciare la moglie e costellati da numerose difficoltà, ma resistettero. La loro relazione era sempre vitale, non foss'altro per l'intensità della impotenza e della disperazione che spesso si creava fra di loro. Ma il volere il bene dell'altro, pur con le limitazioni legate alla situazione, prevaleva sempre. Lui non era capace a lasciare la famiglia e lei non comprendeva che ciò non significava volerle meno bene.

Nel 2013 lui rimase vedovo. Finalmente era arrivato il momento e Bianca si vergognò di essere felice. Non aveva fatto i conti con il figlio di lui che, motu proprio, decise di farlo ospitare da una casa di riposo. Fu colta di sorpresa, sia perché lo riteneva un uomo ancora in gamba sia perché non immaginava che il figlio potesse arrivare a tanto.
Qualche sabato pomeriggio andava a trovarlo ma quell'ambiente le metteva addosso un disagio e una malinconia insopportabili. Il suo Oscar... sembrava regredito a uno stato primitivo e bestiale. Una volta provò persino, ridacchiando, a mettergli una mano in mezzo alle gambe, ma non ebbe alcun riscontro.
Facendosi aiutare da Sara e Jole una mattina di giugno e, con la scusa di una passeggiata nel parco vicino, lo rapirono.
Il figlio di Oscar, pur sapendo dove era il padre, si limitò a una doverosa denuncia ai Carabinieri, ben contento di quella nuova sistemazione che gli permetteva, alla fine del mese, di fare la cresta sulla pensione di suo padre.

Finalmente, dopo anni potevano vivere insieme. Per Bianca era gioia pura e lui, dopo mesi di istituzionalizzazione, ricominciava a prendere coscienza di sé stesso. Dormire tutte le sere abbracciati... una cosa così desiderata che non le sembrava neanche reale. Era successo, anche se non doveva considerarlo un premio per l'attesa così lunga. Era successo e basta.
Fu in quel periodo di felicità che Bianca commise uno sbaglio: desiderò di sposarlo.
Lui, quando gliene parlò, non fece obiezioni. Non vedeva bene il senso di quella mascherata ma in quel momento prevalse la considerazione che era cosa a cui lei teneva molto.

Bianca organizzò tutto come se avessero avuto venti anni: pubblicazioni, partecipazioni, anche un rinfresco in un locale dove il venerdì sera l'età massima era diciotto anni e il fumo degli spinelli annebbiava la vista. Si fece preparare dal sarto un completo adatto alla sua età ma comunque bianco. Troppo aveva aspettato.
Il giorno prima dell'avvio delle danze Oscar cambiò idea. 
Panico, timore che il suggello del matrimonio potesse portare male al loro amore. Paura di ricominciare vedendosi prossimo alla morte. E tante altre paure e riflessioni, che pur non raggiungendo il livello della coscienza, avevano condizionato questa decisione.
A Bianca toccò l'onere di disdire tutto. L'abito restò nella scatola, bianca anche essa, in cui era stato consegnato.
La delusione sfociò in una telefonata al figlio di lui: “Hai ventiquattro ore per venirtelo a riprendere. Dopodiché lo metto fuori della porta”. “Piuttosto sola che con un uomo di pezza”, pensò piangendo.
Lui non aveva più spiccicato parola e quando arrivò il figlio si fece docilmente condurre via, come un vitello alla cavezza.
Questa volta nessuno riuscì a sapere dove Oscar era andato a finire: il telefonino gli venne sequestrato dal figlio. Probabilmente fuori città; nessuno degli amici comuni riuscì a farsi dire dove era stato nascosto.
Bianca, sopraffatta dal rimorso, dopo alcuni mesi sprofondò in un'apatia priva di ogni emozione, riempita soltanto di quel periodo in cui avevano vissuto insieme. Non le interessava più nulla. Non avrebbe neanche più saputo dire quanto tempo lui era stato nella sua casa.
Lei e gli amici appresero dove era stato rinchiuso solo dopo averlo letto nel necrologio, dove lei ovviamente non figurava.



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