lunedì 22 febbraio 2016

Mattino

Giuseppe era uscito dal bungalow quasi di soppiatto, saranno state le sei. Nel campeggio c'era silenzio, come era ovvio aspettarsi, ma era un silenzio irritante. La sera prima aveva deciso che si sarebbe svegliato presto per vedere l'alba ma, come sempre negli ultimi anni, l'orologio dentro la testa aveva squillato di gran lunga prima di quello sul comodino.
Era stato ben attento a non svegliarla: avrebbe dovuto dirle perché usciva così presto e non aveva nessuna voglia di parlare. Neanche con sé stesso. Quei pochi movimenti che aveva fatto prima di uscire, infilarsi una maglietta, bere un sorso d'acqua, erano stati fatti senza la partecipazione della coscienza.
L'aria del mattino gli trasmise un piccolo brivido piacevole e lui, ancor una volta senza rendersene conto, fece un sorriso. Ci voleva più di un'ora per aspettare il sole, e la spiaggia distava non più di cinque minuti.
Arrivato sul lungomare incominciò a camminare senza meta, o forse con il desiderio non espresso di un caffè, di vedere un volto, di sentire una voce. Ma era davvero troppo presto. A poco a poco gli ritornarono alla mente i discorsi della sera prima, di tutte le sere di quell'ultima settimana di vacanza, maledetta lei e il momento che aveva deciso di farla, la vacanza. Più di una volta aveva avuto la nettissima sensazione che mantenere quella situazione sarebbe stato insopportabile.
Ma era solo il sentimento di un attimo, intensissimo, certo, ma, a motivo delle sua istantaneità, presto metabolizzato e ricacciato in fondo, assieme a tutto il resto.
Si rosicchiava nervosamente le unghie, procurandosi solo dolore.
Rare biciclette percorrevano la pista a fianco del lungomare, guidate lentamente da persone altrettanto assorte. Il silenzio e l'oscurità, appena sbiadita verso l'orizzonte, avvolgevano tutto, e anche l'aria che respirava gli sembrava pesante.
Accese una sigaretta, l'ultima del pacchetto, spiegazzato dalla permanenza notturna nella tasca posteriore. Anche il fumo non gli dava granché soddisfazione.
Girata una curva si trovò di fronte un locale con le luci accese, e gli scappò il secondo sorriso di quella mattina che sembrava senza fine. Era un tipico locale da spiaggia, un bar trattoria con terrazza appoggiato su pali piantati dove finiva la spiaggia, una palafitta, quei posti che dopo pranzo fanno ombra ai giochi vocianti dei bambini.
A prima vista Giuseppe non capì se quel bar fosse appena aperto o se invece non avesse ancora chiuso dalle cene della notte. Sulla terrazza, rivolti verso il mare, stavano un uomo e una donna, seduti su due seggiole accostate, il braccio destro di lui attorno al collo di lei, a volerla proteggere. Giuseppe, sorseggiando un caffè con l'unica qualità dell'alta temperatura, si incantò a spiarli, rapito da quel quadretto, che nella sua fantasia avrebbe dovuto essere eterno. Avrebbero persino potuto essere morti, lasciando solo la testimonianza di quel gesto perfetto di intimità e di affetto.
Non sappiamo quanto tempo ancora Giuseppe restò fermo dietro di loro, immobile e muto: ma ben sappiamo che, di fronte a una situazione che ci piace, desideriamo che il tempo si fermi. Per cui Giuseppe ci sarebbe invecchiato, a guardarli.
La luce dell'aurora lo svegliò da quella piccola estasi, ricordandogli il motivo principale, la scusa forse, per cui era scappato dal bungalow così presto.
Scese in spiaggia e si sedette sul bagnasciuga, stringendo le ginocchia fra le braccia, e intanto che stringeva gli occhi per non perdere l'attimo del primo raggio l'ondetta del primo mattino, lieve, gli accarezzava i piedi. Non si curò nemmeno di gettare il mozzicone, che gli restò appeso alle labbra. Chissà se i due ragazzi dormivano ancora.
Stava bene, e non sentiva neanche più il freddo del mattino.
Guardava fissamente quel punto nell'orizzonte dove il colore del cielo suggeriva che sarebbe spuntato il primo arco di fuoco, e lo aspettava con ansia, come se quel raggio avesse potuto magicamente dare una svolta radicale alla sua vita.
E finalmente, senza bisogno di nessuna colonna sonora, il sole rinacque, e Giuseppe sorrise, consapevole e contento. Quel fuoco gli entrava nel cuore e, mano a mano che ingrandiva, tutte le storture della sua vita gli sembrarono davvero suscettibili di miglioramento, con pazienza e volontà.
Con il sole ormai completamente in cielo Giuseppe si voltò. L'osteria aveva spento ogni luce e i due innamorati scomparsi. Non riuscì a trattenere due lacrime, cercandoli inutilmente. Si sentiva tradito anche se sapeva che loro non gli avevano promesso nulla, gli avevano soltanto dato l'immagine dei suoi ricordi.
Certo che sei triste, piccolo Giuseppe, torni con la coda tra le gambe nel lettuccio del tuo bungalow, desiderando soltanto di issare l'ancora e volgere la prua ad est.




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