martedì 30 giugno 2015

Rondini

Tornando a casa Alberto rifletteva sui casi della sua vita. Lo faceva sempre, anche se parlare di "riflessione" sarebbe stato improprio. Mentre la riflessione è attività con una sua capacità, tendenza almeno, sistematica, Alberto esperiva soltanto la presenza di un tumulto di folla assiepato dentro la sua mente, forse solo dentro il cuore, da cui, improvvisamente, emergevano volti, suoni, ricordi, più o meno ben strutturati. Gente che lo accompagnava sempre, talora coinvolgendolo così disperatamente da distrarlo dalla guida o dal cammino. Con evidenti rischi per la propria e altrui sicurezza.
Spesso questi ricordi erano talmente vividi da allagargli improvvisamente gli occhi, anche se a farlo piangere, come lui avrebbe desiderato, non ci riuscivano mai. Un pianto a dirotto, a suo modo liberatorio. Ma come fai, in mezzo alla strada o sul lavoro, ti hanno anche spiegato che lo fanno solo le bambine... Un pianto che magari, giorno dopo giorno, avrebbe potuto cancellare questi personaggi, invece che risospingerli nella folla nebbiosa da cui sarebbero ricomparsi.
Quindi Alberto, con gli occhi e il naso pieni, camminava fra una folla esterna e una interna, assediato, se così vogliamo dire.
Che ora sarà stata quando infilò la chiave nella toppa della porta di casa? Forse le otto. Era arrivato per primo.
Teneva sempre in frigo una bottiglia di champagne, quello che aveva conosciuto in Francia negli anni della maturità. Quella sera decise di aprirla e, forse, di bersela tutta. Non aveva grandi speranze che le bollicine gli migliorassero l'umore ma pensava che fosse giusto provarci. Cercò un bel calice. Sistemò la seggiola sul terrazzo e si riempì il bicchiere. Seggiola senza braccioli, una bianca seggiola da cucina, scrostata, bisognosa di un paio di mani di riverniciatura. Scomoda, sostanzialmente.
Appoggiò il gomito sulla ringhiera, bevve un piccolo sorso fresco e pungente e provò a svuotarsi di tutte le cose della giornata. Ma quando mai!
Solo a chiudere un attimo gli occhi gli saliva un magone incontrollabile. La millesima cosa che pensò fu che un corso di yoga avrebbe potuto sicuramente fare al caso suo.... del resto quella era la vita che si era plasmato, giorno dopo giorno, piene di incertezze e scelte sbagliate, errori se vogliamo usare questa parola: lo yoga non avrebbe certo potuto cancellarla, non era il suo compito istituzionale. E non è, badate bene, che Alberto non riuscisse ad accettare questa vita, solo che c'erano momenti, giorni, in cui si sentiva letteralmente affogare.
Abitava in città, ovvio, ma al limitare della campagna. E a quell'ora della sera il silenzio era ingentilito soltanto dalle lontane grida, spaurite, di un neonato che allenava i polmoni nel mentre che reclamava il seno.
Ecco, il seno. Quello che più apprezzava nelle donne, quella che più gli dava la sensazione, piacevolissima, di "avere" una donna. Del resto quello che le donne hanno in mezzo alle gambe, fatte salve rare varianti anatomiche, è desolatamente uguale per tutte. Il seno per fortuna no. Il seno, per sua natura, partecipa di due esperienze della vita, anche se non nello stesso momento. E' la fantasia che le riavvicina.
"Ciao Alberto!". La rondinella si era posata con dolcezza sulla ringhiera, improvvisamente, e lui, come sempre dietro ai suoi fantasmi, ebbe un piccolo sussulto. "Ciao Bella, comment ça va?". La rondinella lo guardava negli occhi, che esprimevano il desiderio che almeno lei rispondesse "Très bien!". "Bene, vecchio mio, bene. E' bella questa primavera. Ho appena finito di farmi il nido".
Alberto pensò alla sua casa, che sua non era. Sapeva che da un momento all'altro avrebbe potuto non abitarvi più. Non se ne crucciava granché, anche se comunque era motivo di ansia...
"Rondinella, se stasera mi racconti qualcosa di bello mi farai felice". Lei lo guardava, anche essa con gli occhi lucidi, e ad Alberto sembrava che quegli occhietti esprimessero grande tristezza. Ci volle più di un quarto d'ora prima che lei parlasse. Forse ad Alberto sarebbe bastato, ma questo non possiamo saperlo, che lei spiccasse il volo, con un garrito gioioso nel suono e ignoto nel contenuto. Sarebbe bastato almeno a risvegliargli un sorriso. E invece no.
"Ma tu pensi davvero, piccolo uomo sciocco, che la felicità ti possa venire da fuori? Che cosa ti dovrei raccontare? O forse che cosa ti dovrei cancellare? Pensi che abbia questo potere? Ogni giorno della tua vita hai messo un mattone, diritto o storto che fosse, e adesso la costruzione è ormai fatta. Certo, traballa. Non vorrei sembrarti brutale, non si addice a una rondinella, ma a questo punto sono tutti cazzi tuoi.....".
Alberto credette di leggere in quel becco un filo di scherno. "Ritornava una rondine al tetto. L'uccisero, cadde tra spini......Brutta troia, troverai anche tu una fionda maligna".
"Non ti preoccupare rondinella, se sono arrivato fin qui sarò ben in grado di proseguire".
Non voleva darle quella soddisfazione, di dirle che era meno furbo di una rondine qualsiasi. Era certo che proseguire sarebbe stato sempre più faticoso.
La rondine spiccò il volo. Anche lui si alzò dalla sedia, con il desiderio, l'idea, la paura, di fare un piccolo salto.






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